I PRODOTTI GEOFOOD DEL ROCCA DI CERERE GEOPARK
GEOfood è un’iniziativa il cui fine è promuovere e supportare le comunità locali degli UNESCO Global Geoparks.
A STORIA DEI PRODOTTI GEOFOOD DEL ROCCA DI CERERE GEOPARK
Olio EVO
L’ olivo Olea europaea, giunge in Sicilia durante l’età del bronzo, se ne ha prova proprio nel territorio del Rocca di Cerere Geopark dove lo studio dei pollini fossili nei depositi lacustri del lago di Pergusa ha dato una presenza della specie in grandi contingenti appunto da quelle età.
Probabilmente coltivato per la produzione di olio lampante, primo combustibile per l’illuminazione delle abitazioni protostoriche, l’olivo ebbe da quasi subito il ruolo di importante alimento e supporto per le conservazioni a lungo periodo di altri alimenti. Legato alla luce, all’intelligenza e simbolo di forza resiliente, l’albero ha segnato, da allora, il paesaggio delle colline dell’interno siciliano e, proprio qui, nel Rocca di Cerere Geopark, ha, secondo gli studi del CNR, trovato il suo territorio climax. Oggi, nel bacino del Pergusa, si trova la più grande e cospicua collezione di cultivar olivicoli con esemplari provenienti da tutte le aree olivete del mondo.
L’ olio EVO prodotto oggi è, a differenza di tante altre produzioni mediterranee, raccolto esclusivamente dalla pianta, a mano o con bacchiatura dolce, nel momento della invaiatura, quando il frutto sta per colorarsi, e molito immediatamente ed a freddo. Questa procedura, più complessa e costosa, consente però di avere un prodotto qualitativamente di punta, con alti contenuti polifenolici, di gusto ben distinguibile. I nostri produttori lavorano sia olii blend, sempre da varietà locali, come olio monovarietale.
Mandorle
Coltivazione arborea capace di affrontare le calde e secche estati siciliane, il mandorlo, Prunus dulcis, è coltivato sui nostri suoli dell’area gessoso-solfifera, non di rado in condivisione con la coltivazione a rotazione di cereali, leguminose e pabulari.
Il mandorlo è da sempre la base di una lunga tradizione dolciaria siciliana. Prima dell’avvento del cacao l’uso della pasta di mandorle ha consentito ai maestri pasticcieri, ai “monsù” dell’isola ed anche alle monache dei conventi siciliani, di inventarsi scultori del dolce sino alla creazione delle magnifiche miniature delle frutta e degli ortaggi noti come Pasta Martorana o Pasta reale. Mandorle caratterizzate da varietà locali, la “pizzuta” o la “piaciattutti”, lavorate con pazienza e fatica, ed oggi nuovamente riprese da agricoltori eroici in cerca della qualità e non della quantità.
Una simile produzione difficilmente avrebbe potuto trovare asilo su suoli più grassi e ha qui trovato casa diventando un pilastro del paesaggio rurale del Geopark.
Il Cece nero rugoso
Legume oramai rarissimo, differente dall’altro cece nero rugoso salentino, viene da alcuni chiamato “lapillo” per la sua somiglianza alle piroclastiti etnee.
Le coltivazioni della varietà si trovano nei campi delle vallate del Dittaino e dell’Imera dove il legume viene messo a dimora ad anni alterni con i grani ed il maggese. Ricco di nutrienti, sapido naturalmente, dal gusto deciso e dalla buona digeribilità, era alla base delle derrate annuali delle famiglie siciliane per la preparazione di nutrienti zuppe con i ceci accompagnati dalle verdure fresche delle diverse stagioni.
Cece nero liscio
Legume molto raro, si caratterizza per la sua pelle estremamente sottile che lo rende digeribilissimo anche per i soggetti normalmente non avvezzi al consumo dei legumi. Nel tempo fu soppiantato dalla coltivazione di altre leguminose o da sovescio o con semi più copiosi e più grandi, oggi rappresenta una delle più interessanti rivisitazioni delle tradizioni rurali locali. Dal cece nero liscio può essere ottenuta anche una ottima farina utile per la produzione di prodotti sia della tradizione dolciaria locale, sia delle pietanze salate.
Lenticchia nera di Leonforte
Ecotipo locale dell’area leonfortese, la particolare lenticchia con il tegumento di colore nero o marrone molto scuro, veniva coltivato da sempre soprattutto per creare delle derrate alimentari facilmente conservabili e capaci di fornire un alto contenuto proteico in diete non di rado a base esclusivamente vegetale quasi fitoalimurgica.
Tradizionalmente la coltivazione avveniva nelle parcelle con suolo sabbioso e povero, le cosiddette “terre liggie” terre leggere, povere di nutrimenti, avendo constatato non solo come la varietà fosse capace di crescer bene anche in queste condizioni particolari, ma anche come la povertà del suolo venisse combattuta proprio dalla capacità di fissare l’azoto da parte delle piante di lenticchia. Così le coltivazioni si effettuavano proprio ai piedi delle guglie quarzarenitiche del Flysch numidico che così potentemente caratterizzano il paesaggio dell’area leonfortese del Geopark.
Le lenticchie si possono consumare sia da sole, in zuppa con un condimento di olio EVO a freddo, sia in zuppe con altre verdure e come condimento delle paste corte con macinato di lenticchie.
Fava larga di Leonforte
Prima coltura a inverdire le vallate e le colline dell’area settentrionale del Geopark, la fava larga di Leonforte, presidio Slow Food, è un legume di grande dimensione. Esso si lega fortemente ai suoli calcarei delle emergenze plioceniche ed a quelli sabbiosi ai lati delle quarzareniti fliscioidi del burdigaliano.
Consumabile da fresca, sia in frittelle insaporite dai finocchietti selvatici, sia come piatto unico, vengono definite “cucivuli” cioè capaci con una cottura breve di diventare morbide e gradevoli. Venivano anche essiccate e conservate per le stagioni invernali da consumarsi sia come cibo da strada se abbrustolite “caliate”, sia come base per il famoso “maccu” una farina da rendere base per vellutate insaporite da olio EVO e qualche verdura di stagione.
Il grano perciasacchi
Cosi chiamato per la forma della cariosside, appuntita e quindi capace di forare i sacchi di tela, è un grano duro antico a basso contenuto di glutine basso indice glicemico. Ottimo per la preparazione di prodotti da forno leggeri e digeribili, pani rustici della tradizione rurale locale, esso è uno dei grani più simili alle varietà naturali che vennero addomesticate nella preistoria.
Esso cresce molto bene anche sui suoli tipici delle aree del Messiniano con alte concentrazioni di calcare, gesso e sali e possiamo immaginarlo come il prodotto che le genti sicane e sicule imparano a utilizzare come base della loro dieta, il grano di Demetra.
Il Grano Timilia o Tumminìa
Triticum durum Desf. var. affine Koern
Grano duro antico, conosciuto almeno dal medioevo e coltivato lungo le vallate dei fiumi siciliani, soprattutto lungo l’Imera meridionale, esso cresce anche in condizioni di bassissimo apporto idrico, negli anni siccitosi, e garantisce un ottimo contenuto proteico, una farina bianca che si impasta con piccole quantità di acqua e consente una facile panificazione e la realizzazione di ottime paste alimentari.
Se dovessimo immaginare un grano capace di affrontare il cambiamento climatico questo è proprio il Timilia con le sue splendide farine ed il suo gustosissimo apporto ai prodotti da forno.
Della Timilia scrive anche il grande Johann Wolfgang Goethe nel suo Viaggio in Sicilia del 1787
«La tumenia, il cui nome deriverebbe da bimenia o da trimenia, è un bellissimo dono di Cerere, una specie di grano estivo che matura in tre mesi. Lo seminano a capodanno fino a giugno ed è sempre maturo alla data stabilita. Non abbisogna di pioggia abbondante, ma di forte caldo; all’inizio la foglia è molto delicata, ma poi cresce insieme col grano e alla fine si rafforza assai. La semina del grano avviene in ottobre e novembre, e a giugno è già maturo.»
Johann Wolfgang Goethe
Grano tenero Maiorca
Triticum vulgare Host. var. albidum Koern
Coltivato in tutta l’Italia meridionale ed in Sicilia, il Maiorca ha una spiga quadrangolare e priva di arista, da esso si ricava una farina che fu alla base di preparazioni sia di pani come e soprattutto di dolci. Abbandonato per l’avvento di varietà moderne a causa della sua bassa produttività per ettaro, oggi è stato riscoperto e viene coltivato in biologico da un certo numero di aziende dell’area del Rocca di Cerere Geopark soprattutto per soddisfare le richieste dei pasticcieri più tradizionalisti.
In particolare la farina di Maiorca era l’unica ad essere utilizzata per la realizzazione delle ostie e, nei monasteri, veniva mischiata sapientemente alle mandorle lavorate per la creazione della Pasta Reale o Martorana.
Zafferano
La spezia, importantissima nella cucina tradizionale dell’area del Geopark, viene ottenuta dagli stigmi del fiore di Crocus sativus. Coltivata da sempre e certamente presente ab antiquo sui suoli dell’area messiniana del geopark, rappresenta una eccellenza ma anche una produzione difficile, che costa lavoro e fatica e che, sebbene si possa vendere molto bene, richiede una dedizione certosina. Oggi la sua produzione è in ripresa e consente di mantenerne l’uso per le diverse preparazioni casearie e gastronomiche che lo vedono protagonista.
Di probabile origine egea e microasiatica la specie è una vera e propria selezione dell’uomo, non esiste in natura come C. sativus e non può crescere e diffondersi senza il sapiente intervento del contadino. Ama i suoli calcarei ed argillosi e nell’area del Geopark trova facile attecchimento nei campi delle vallate del Dittaino e dei suoi piccoli affluenti.
Vero scrigno chimico, lo Zafferano contiene almeno 150 composti chimici diversi tra i quali i carotenoidi che consentono agli stigmi seccati di trasferire il loro colore giallo ai cibi.
I formaggi ovini
L’allevamento delle pecore è in Sicilia una attività tradizionale antichissima. Così nell’area del Rocca di Cerere Geopark, pecore in grandi greggi, accompagnate sempre dai cani pastore delle due razze siciliane selezionate per questo scopo, il Pastore siciliano o Cane di mannara e lo Spino degli Iblei. Pecore di diverse razze, tutte selezionate per sopravvivere dei pascoli siciliani, estremamente biodiversi ma, in estate, capaci di somigliare ad una steppa continentale.
Pecore che danno un latte pieno di sapore. Quel latte, almeno dall’età del rame, se non già dal neolitico, venne utilizzato dai primi pastori, per essere trasformato nel formaggio, inizialmente semplicemente latte “quagliato” naturalmente, inacidito e rappreso, poi con sempre più fine sapienza, fatto coagulare mediante l’intervento umano, con il caglio naturale.
Gli antichi siciliani furono famosi per questa attività casearia al punto tale che il Ciclope polifemo, ed i suoi fratelli erano pastori di pecore.
Oggi nel geopark diverse sono le qualità di formaggi, freschi e stagionati, che dal latte ovino vengono con sapienza e pazienza portati al giusto grado di maturazione.
Tra loro la tuma, primo stadio della maturazione, fresca, morbida eppure già ben compatta, poi i pezzi in prima salatura o bianchi o conditi con mandorle anch’esse del territorio, il formaggio allo zafferano, giallo nella polpa e saporito dal sale delle evaporiti e dai preziosi stigmi del fiore sacro e, le ricotte, ottenute con la seconda lavorazione del siero e lavorate o in bianco o con lo zafferano. Ricotte da consumarsi immediatamente o come condimento, ricotte da far stagionare con il sale ed usare come condimento di paste e ortaggi, ricotte da infornare o da usare fresche quale magnifico ingrediente di dolci incredibilmente ammalianti.
I sapori di questi prodotti caseari sono tutti caratterizzati in maniera inconfondibile, quasi ci fosse un DNA del sapore, dal corteggio floristico delle colline del Geopark, al punto tale da creare un bouquet inimitabile che ne fa prodotti ineguagliabili nell’ampia offerta casearia delle campagne siciliane.